La superficie agraria di Pantelleria è di 5.700 ettari, di cui 5.000 coltivati a vigneto trenta
anni fa, quasi il doppio rispetto agli inizi del Novecento.
Il ruolo della
viticoltura nell'occupazione e nelleconomia pantesca è stato da sempre
di fondamentale importanza. La coltivazione dello
zibibbo è datata a Pantelleria
già da diversi secoli, e sappiamo
da un'ordinanza dell'intendente della provincia di Trapani, risalente al 6 Dicembre del 1842, che
già alla fine del Settecento il commercio dell'uva passa era uno dei principali sbocchi
dell'economia pantesca.
Per quanto riguarda il
paesaggio agrario, grazie ad un lavoro millenario e faticoso, infinite
strisce di terreno da coltivare sono state tolte alla natura pietrosa ed impervia dell'isola,
creando con le pietre rimosse dal terreno i vari muretti a secco che delimitano i terrazzamenti,
con l'effetto di "mille strisce" pietrose, se osservato da una panoramica aerea, le quali
caratterizzano il paesaggio agrario dell'isola.
Ne consegue la suddivisione del fondo in
tanche1 e
magghietta2, frazionamento che rende ancora
più alto il valore delle poche
garche3, ampie e pianeggianti,
che si estendono soprattutto nella Piana di Ghirlanda.
Tra l'altro l'impianto delle viti è molto peculiare, in quanto per le condizioni meteorologiche
dell'isola, in particolare per il forte vento, le viti sono impiantate.
Sia il passito sia i capperi venivano esportati favorendo intensi
scambi commerciali
con i porti in cui approdavano i motovelieri che li trasportavano: Napoli, Livorno, Genova
ed anche la vicina Tunisi.
Fino a trenta anni fa venivano esportate enormi quantità di uva fresca nelle cosiddette
plotò4.
Oggi l'esportazione dell'uva fresca riguarda soltanto un decimo o poco più della produzione dello
zibibbo, data la cospicua presenza di cantine agricole che comprano il prodotto per lavorarlo
direttamente a Pantelleria.
Recentemente, si è registrato un notevole aumento della produzione di uva passa màlaga, che
viene fatta con l'essiccazione naturale sotto i raggi del sole (di cui si è indagato durante
l'intervista relativa alla IV sezione del questionario).
Il secondo prodotto agricolo caratteristico dell'economia pantesca è il
cappero, che seppur
con annate alterne, tocca in media i 4.000 quintali. Oggi vi è la tendenza a produrre molti
prodotti derivati dal cappero, quali il patè di capperi, i capperi sotto sale, i cetrioli,
prodotti che vengono preparati e confezionati sulla medesima isola e riscuotono grande successo
tra i turisti che animano Pantelleria durante l'estate.
Oggi è molto alta la domanda commerciale dei prodotti tipici che prima erano conservati
a livello domestico, quali marmellata di uva, di arance e di limoni, il patè di capperi,
di pomodori secchi e di olive, le bustine di origano, il cui profumo è unico,
ed infine, dolci tipici della cultura pantesca.
Il periodo bellico ha distrutto il tessuto di rapporti commerciali ed in generale l'economia pantesca,
avendo massacrato l'agricoltura con i bombardamenti.
La ripresa economica, negli anni del dopoguerra, è stata dura e difficile sia per l'agricoltura
ma anche per l'artigianato ed il commercio. Difatti, molti panteschi, a causa dei motivi suddetti,
abbandonano le loro case ormai in macerie ed emigrano, alcuni in provincia di Latina e di Roma,
altri in provincia di Milano.
Anche questo è uno dei motivi per cui si registra, durante gli anni Cinquanta del Novecento,
l'abbandono di molti vigneti.
Negli ultimi decenni, dagli anni Ottanta fino ai nostri giorni, le attività connesse
al
turismo tendono a diventare la base portante dell'economia di Pantelleria.
La domanda del turismo, se da un lato ha fatto rivalutare i terreni ed i dammusi da
vendere o da affittare, dall'altro lato ha accelerato l'abbandono delle terre da coltivare,
rendendo oggi il paesaggio agrario più incolto che colto!
Come è stato anche osservato da Candida Ciaccio, studiosa di geografia e ricercatrice
dell'AGEI, la quale ha condotto una ricerca sul campo nelle Isole della Sicilia,
l'investimento di capitali del turismo d'elitè a Pantelleria ha portato anche ad una
"rinascita" delle campagne, dei dammusi restaurati con i loro terreni circostanti,
che vengono accuratamente coltivati, assegnando la cura e la manutenzione agli stessi panteschi.
Apparentemente, potrebbe sembrare una contraddizione ma potremmo definire questa situazione
come le due facce di una medesima moneta.
L'
artigianato pantesco fino ad un cinquantennio fa era un settore molto sviluppato, dai lavori
all'uncinetto e preziosi lavori a chiacchierino ai ricami su lino e sete,
che oggi si tendono a rivalutare ai fini del turismo.
La
pesca è un settore dell'economia che è stato trascurato, come settore a se
stante, per molto tempo dal Pantesco, il quale si definisce "prima di tutto agricoltore e poi pescatore".
Solo recentemente, negli ultimi venti anni alcuni panteschi si sono organizzati con delle
barche o con dei veri pescherecci, col fine di praticare una pesca di tipo commerciale.