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Il teatro nella scuola: consapovelezza e tramite di valori umani

Quando il teatro diventa strumento di consapevolezza e veicolo trainante d’insegnamento dei valori umani, impossibile non riservargli spazio all’interno della formazione scolastica.

L’attribuzione del suo indiscutibile significato è stata perciò accolta, con grande ardore, nei programmi scolastici della Scuola Superiore di Pantelleria, grazie a progetti in grado di corrispondere ai nostri giovani studenti il completamento di una solida “struttura” umana.

Per le 50 ore di attività di laboratorio - poi superate di gran misura con dedizione inesauribile - integrate nella didattica dell’anno corrente, dirette con evidente passione dall’insegnante Adele Pineda e dalle esperte Francesca Spagnolo e Carmen Badalucco, i ragazzi di diverse classi del percorso superiore turistico, hanno affrontato, come indubbia sfida pedagogica, la messinscena del musical ispirato ad un classico della letteratura ottocentesca: “il Gobbo di Notre Dame”, venuto alla luce attraverso l’eccezionale opera di Victor Hugo.

Una scelta artistica che, come introdotto dalla professoressa Adele all’avvio della serata dello scorso venerdì 23 maggio, trova le sue fondamenta e si consolida nei valori in essa dominanti: la ‘diversità’ della vita di fronte alla pressione sociale delle prerogative vincenti, tutte indirizzate ad una omologazione fuorviante; la bruttezza esteriore che, pur sovrastando – purtroppo - la bellezza interiore, non ha nessun diritto di offuscarne la nobiltà; la discriminazione di appartenenza sociale e di razza, sempre preminente nel generale e diffuso atteggiamento di xenofobia. Un teatro che ci riporta al senso della Vita, attraverso sviluppi drammatici e coinvolgenti calati nello scenario storico di una Parigi medioevale, “rintoccata” dalle campane della possente cattedrale di Notre Dame.

Spontanei e genuini i due ragazzi protagonisti della storia, Luigi Labanti e Valentina Gala, nel ruolo di Quasimodo ed Esmeralda, la cui singola vicenda esprime appunto la diversità e, nello stesso tempo, il possibile incontro fra tratti somatici agli antipodi, ma non per questo divergenti, quando a trainare la vita sono i valori dell’avvenenza e del fascino interiori.

Con la delicatezza del suo essere, Quasimodo s’impone sulla scena a manifestare che “non è l’aspetto esteriore che ci dimostra chi siamo”; così come la bellezza ammaliante di Esmeralda non intende ricevere deprezzamento nel lasciare voce soltanto al suo coraggio e al suo senso di protezione nei confronti dello ‘sfortunato’ amico: “chi può decidere un mostro cos’è?
Perché l’uomo odia? Perché il mostro ama? Che cosa decide il perché?”

Domande quasi retoriche, che trovano risposta nell’atmosfera gotica in cui la celebre storia della cattedrale si va approfondendo: nella presenza maestosa di Frollo, il Male personificato, grandiosamente interpretato da Elena Pavia, il cui scopo è quello di epurare il mondo da certe detestabili ‘contaminazioni’ che poi, in fondo, si desiderano; nel meno prepotente intervento di Febo, simbolo dell’Onestà, eroe che non indugia a schierarsi dalla parte del Bene; nelle ‘piccole’ ma importanti partecipazioni che hanno saputo produrre, con i colori tenui e delicati delle virtù morali, la cornice d’un quadro degno di mostrarsi nella pinacoteca della Vita.

Brividi e commozione, in una serata teatrale che ha voluto vivere il luogo del ‘mostruoso’ e dell’anomalia come elementi integranti dell’esistenza umana; che ha tenacemente convinto nello smascheramento della predominanza ‘regolare’; che ha saputo far pensare e riflettere; che ha elogiato le debolezze umane ed ha esaltato l’Essere; che si è saputa distinguere nel conferire la vittoria, pur sul campo della finzione teatrale, contro le nostre vergognose riluttanze umane.

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