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Riflessione sulle festività di Ognissanti e "Morti"

In occasione della festività di Ognissanti e della giornata commemorativa dei nostri cari defunti, vorrei dissertare ed esprimere le divergenze mie e di tutte quelle persone che, come me, si avvertono diseredate dei legami alla propria tradizione folcloristica riportata, per necessità di distacco dalle pratiche pagane, alla più consona dimensione di valore prettamente religioso; evidenziare, in poche parole, la leggerezza concomitante con la quale si aderisce oggi all’una, domani all’altra “festa”, appellandomi alla memoria dei tesori sociali, culturali e religiosi del nostro straordinario paese.

Mentre per i nostri bambini la festa dei “Morti” risulta essere portatrice di letizia, felicità, accettazione, congiunzione ingenua ed affascinante con la Morte, paradossalmente ‘viva’, limitrofa e comunicante con la Vita attraverso i parenti defunti che ci fanno serenamente visita con grande meraviglia dei bimbi che attendono i loro doni, la leggenda di “Halloween”, di contro, ci riporta al Caos, alla irrequietezza, alla paura degli spiriti erranti in cerca di corpi ed anime da possedere – come se non bastassero le già dilaganti aggressioni disumane dei vivi!”, ad un Aldilà che ci devasta - proprio perché troppo simile all’Aldiqua – con le sue maschere gironzolanti purtroppo già correnti nella ripetitiva quotidianità, al divertimento profano del “Dolcetto o Scherzetto?”.

Quanto ci siamo distaccati – ahimè! - da quella delicata festa che ogni anno da bambini, il 2 novembre, ci faceva svegliare col desiderio non solo di trovare i doni più belli, ma soprattutto di credere davvero che la magia dei racconti sulla ricorrenza si potesse prolungare all’infinito: la nostalgia dei grandi riusciva a propagarsi sulle nostre libere fantasie, e la famiglia comprendeva finanche il trisavolo più affettuoso!

I “pupi” di zucchero, la frutta al marzapane, caramelle, cioccolatini, regali d’ogni specie: simboli viventi della dolcezza d’emozioni che si espandeva nelle nostre case, finalmente rilassate ad attimi di limpida serenità. La visita al cimitero, immancabile, per proiettare sui nostri cari il dolore della loro assenza, da placare soltanto con la preghiera e nel ricordo. Il “Giorno dei Morti”, per me come per tanti, salvaguarda ancora la sperimentazione della trasparenza della Memoria. Perché allora inquinarlo con pratiche che non ci appartengono, perché arrendersi all’insolenza di spiriti vagabondi pronti ad imporsi con l’inganno? Perché, ancora, lasciare spazio – come se non bastassero gli ettari mondani coltivati a seduzioni diaboliche! – all’angoscia, piuttosto che alla soavità della Morte, cartina di tornasole della stessa Vita?

“Chi sta in ogni dove, non sta da nessuna parte”. E chi festeggia, impassibilmente, gli aspetti variegati della medesima ricorrenza, avrà emulato senza senso il cammino dell’eternità.

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